di Roberto Berloco - Se la maggior parte di tutte le Classe “G” prodotte dall’inizio della loro commercializzazione (intorno alle 300.000), sono ancora circolanti nel pianeta e tenute in sacra considerazione dai loro proprietari, una ragione ci sarà e, magari, anche più d’una.
Sono in molti a concordare. E’ difficile che una “G” passi inosservata, ma dopo averla scorta, l’impressione non è stabilmente univoca. Questo per via di quella certa sagoma che chiama vistosamente in causa il concetto di fuoristrada - d’altronde “G” sta per “Geländewagen”, dal tedesco all’italiano, appunto, fuoristrada - e, insieme, per quella strana sensazione che segue d’un battito di ciglia, vale a dire che non si tratti poi propriamente d’un fuoristrada, a causa di tutta quell’abbondanza di lusso che trasuda da dentro e da fuori.
Inevitabile, dunque, entrare in confusione riportando la “G” solo alla categoria SUV. E, questo, anche dovesse capitare il percorso inverso. Se la prima impressione, difatti, fosse calamitata dallo sfarzo della categoria Premium, innegabile in ogni particolare, trovando così certezza che si tratti d’un SUV in pompa magna, quella immediatamente successiva, legata alla percezione dello schema stilistico decisamente spartano, aprirebbe la porta al dubbio che possa trattarsi di qualcosa di assai più vicino alle crudeli necessità di taluni percorsi.
Il nodo del mistero è presto sciolto da uno sguardo alla storia. La “G-Klasse”, come si declina nella lingua di Hermann Hesse, non è nata come SUV e, soprattutto, non si è evoluta con riguardo specifico al concetto di SUV, per quanto oggi possa rispecchiarsi a pieno diritto pure in esso.
E’ nel 1972 che Mercedes Benz sigla un accordo di cooperazione con l’industria austriaca Steyr Daimler Puch, per la concezione d’un veicolo in grado d’affrontare qualunque genere di fondo e di contesto climatico. A questa funzione fuoristradistica, avrebbe dovuto affiancare, naturalmente, l’impronta d’un modello fedele ai canoni di elevata qualità tipici di tutti i prodotti della Casa della Stella.
I dirigenti di Stoccarda si rivolgono proprio alla Steyr per la sua maggiore idoneità strategica ad un partenariato in questo specifico settore. La manifattura di Graz, infatti, disponeva già d’impianti, tecnologie ed esperienza per la realizzazione di fuoristrada, avendo prodotto sino a quel momento l’”Haflinger”, un automezzo destinato ad usi rustici e con una storia di tutto rispetto alle spalle, ma ormai, per limiti d’età, tale da giustificare la svolta verso un nuovo prodotto.
Per la messa a punto di quest’ultimo, nel 1977 le due aziende costituirono un’apposita società, la GFG (Geländefahrzeug Gesellschaft mbH), il cui pacchetto azionario venne suddiviso in eguali metà. La produzione ebbe inizio due anni appresso, con la lettera di battesimo “G” e risultati d’ingresso che non delusero, considerando le commesse subito guadagnate da alcuni eserciti.
Da questo momento in poi, la vita della Serie “G” si sviluppa nell’arco di quelle che, nella sostanza, si possono considerare tre generazioni, durante le quali gli esterni ricevono pochissime modifiche, al punto che, della versione contemporanea, si direbbe che, in tutto e per tutto, si tratta dell’originaria appena rivisitata. Linee conservatesi ben tese e squadrate, con spigoli vivi e un coefficiente aerodinamico con poche concessioni alla modernità, per il risultato paradossale d’una carrozzeria che, in quanto divenuta ormai singolarmente originale, si conserva ancora di passo attuale.
La prima delle tre fasi si riconosce nel progetto denominato W 460. Sotto questa sigla vengono costruiti ben 51.688 esemplari, lungo un orizzonte temporale che va dal 1979 al 1991. Le motorizzazioni dell’epoca erano ancora abbastanza “modeste”, visto che per la versione a benzina s’andava dai 2 agli 2,8 litri, mentre per il gasolio dai 2,4 ai 3 litri.
Più o meno simultaneamente al termine di questo periodo, prende avvio il successivo, con il lancio di una “G” rinnovata e identificata dall’etichetta W 461. A differenza, però, del solito procedere adottato dalla Casa della Stella, a questo nuovo progetto se ne affiancò in parallelo un altro, il W 463. La spiegazione era da ricercare nel duplice genere di vocazione che, in Mercedes, si ritenne andato connaturandosi a questo modello, probabilmente recependo nel tempo distinti modi d’intenderlo da parte degli stessi acquirenti: una all’ostentazione del lusso ed una, più pragmatica, all’uso rude dei fuoristrada puri.
Fu così che, per quello che può ritenersi il secondo periodo di vita della Classe “G”, si diede il via ad una concomitante produzione di due distinte versioni dello stesso stampo. Il tipo W 461, appunto, destinato a quegli utenti che, per ragioni professionali, avessero necessità d’un utilizzo anche in situazioni non stradali, oppure anche agli stessi eserciti, dai quali era già provenuta la prima domanda all’epoca degli esordi. Ed il W 463, con una forte propensione ad interpretare un canone di lusso assoluto, dunque con finiture da prestigiosa ammiraglia e motori altrettanto adeguati. Si partiva, infatti, per l’alimentazione a benzina, da un 2,3 litri per accedere, con l’avanzare degli anni, a potenze crescenti, come testimoniò il numero dei cilindri, che da 6 passò a 8, per arrivare addirittura a 12, con una cubatura da 6 litri e 630 unità di scuderia.
Il terzo capitolo, il più recente, ma non si può dire se anche ultimo, di quella che rimane la saga più longeva d’una creatura Mercedes Benz, tiene la prima pagina invece a Gennaio dell’anno scorso quando, al Salone di Detroit, viene presentato al pubblico il W 464, lettura più avanzata d’un progetto che, a distanza di quarant’anni, conserva inalterato il fascino d’una originalità ineguagliata.
Rispetto alla “G” del programma W 463 che, a differenza di quella sotto la denominazione W 461, ne rappresenta l’antesignana più stretta, l’odierna presenta lievissimi eppure importanti ritocchi agli esterni, che ora si caratterizzano per tensioni delle superfici ancora più raffinate, ad esempio con fiancate convergenti verso il cofano anteriore ed il portellone, oltre a passaruota e paraurti che fanno ancora più corpo con la carrozzeria.
Ora, davanti alla postazione di guida, un ampio panello ospita la strumentazione digitale, con abbondanza di infotelematica all’avanguardia, come la tecnologia MBUX, ed è questo elemento, assieme ad uno spazio complessivo maggiore - l’auto è cresciuta di dodici centimetri in larghezza - tra le diverse novità in tema d’interni per l’icona di Stoccarda.
Passando alle architetture della meccanica, e premettendo una più progredita rigidità torsionale del telaio a longheroni e traverse, almeno un paio risaltano particolarmente, se non altro per la sensazione che promettono, d’avvicinare questa Classe “G” alle comodità moderne di un’autovettura, pur senza indebolire il cuore del fuoristrada di razza che gli batte dalla nascita. Il primo è quello delle sospensioni anteriori, passate da un sistema con ponte rigido ad uno con quadrilateri deformabili, anche se non esattamente canonici, poiché il braccio inferiore muove in basso, anziché mantenersi dritto. L’altro, invece, riguarda il volante, ora basato su un meccanismo di pignone e cremagliera, oltre che sull’ausilio d’un servocomando elettrico, stimolando così un maggiore senso stradale rispetto alla precedente situazione, caratterizzata dal ricircolo di sfere e, come conseguenza determinando, per chi guida, una maggiore sensibilità di quanto accade al contatto delle ruote con il suolo, compreso il più regolare asfalto delle carreggiate ordinarie.
Confermate a pieno e, in alcuni aspetti, ulteriormente migliorate, le note doti da off-road estrema, con una capacità di salita del 100%, una d’inclinazione del 70%, un angolo di rampa di 25,7°, un angolo di scarpata di 30,9° davanti e 29,9° dietro, 24,1 cm di altezza libera dal suolo e, infine, 70 cm di profondità di guado.
Non da meno della possanza estetica e dell’opulenza tecnologica di questa vettura, sono naturalmente le motorizzazioni, a gasolio con due versioni: la 400d da 6 cilindri Euro 6D, con 3 litri e 330 cavalli, e la 350d, dall’identica cubatura e stesso rispetto delle normative in tema di emissioni, ma una potenza di 286 cv. Sul versante della benzina, invece, fanno vela la 500 da 4.000 cc e 421 cv e, per chi è in vena d’esagerare, la G 63 AMG, bolide da 585 cv.
Prezzi da 104.780,00 euro della G 350d fino ai 188.047,00 euro della G 63 AMG Stronger Than Time Edition. Troppo alti? Forse. Di sicuro, però, all’altezza della magnificenza espressa da quello che, a tutti gli effetti, è un fuoristrada estremamente capace e dall’identità carismatica, come pure, al tempo medesimo, dotato di tali esclusivi allestimenti e comodità solitamente in possesso a limousine d’alta fascia, da poter portare ad affermare, per tutta evidenza, che sì, questo accade quando un fuoristrada vale più di un SUV.
Sono in molti a concordare. E’ difficile che una “G” passi inosservata, ma dopo averla scorta, l’impressione non è stabilmente univoca. Questo per via di quella certa sagoma che chiama vistosamente in causa il concetto di fuoristrada - d’altronde “G” sta per “Geländewagen”, dal tedesco all’italiano, appunto, fuoristrada - e, insieme, per quella strana sensazione che segue d’un battito di ciglia, vale a dire che non si tratti poi propriamente d’un fuoristrada, a causa di tutta quell’abbondanza di lusso che trasuda da dentro e da fuori.
Inevitabile, dunque, entrare in confusione riportando la “G” solo alla categoria SUV. E, questo, anche dovesse capitare il percorso inverso. Se la prima impressione, difatti, fosse calamitata dallo sfarzo della categoria Premium, innegabile in ogni particolare, trovando così certezza che si tratti d’un SUV in pompa magna, quella immediatamente successiva, legata alla percezione dello schema stilistico decisamente spartano, aprirebbe la porta al dubbio che possa trattarsi di qualcosa di assai più vicino alle crudeli necessità di taluni percorsi.
Il nodo del mistero è presto sciolto da uno sguardo alla storia. La “G-Klasse”, come si declina nella lingua di Hermann Hesse, non è nata come SUV e, soprattutto, non si è evoluta con riguardo specifico al concetto di SUV, per quanto oggi possa rispecchiarsi a pieno diritto pure in esso.
E’ nel 1972 che Mercedes Benz sigla un accordo di cooperazione con l’industria austriaca Steyr Daimler Puch, per la concezione d’un veicolo in grado d’affrontare qualunque genere di fondo e di contesto climatico. A questa funzione fuoristradistica, avrebbe dovuto affiancare, naturalmente, l’impronta d’un modello fedele ai canoni di elevata qualità tipici di tutti i prodotti della Casa della Stella.
I dirigenti di Stoccarda si rivolgono proprio alla Steyr per la sua maggiore idoneità strategica ad un partenariato in questo specifico settore. La manifattura di Graz, infatti, disponeva già d’impianti, tecnologie ed esperienza per la realizzazione di fuoristrada, avendo prodotto sino a quel momento l’”Haflinger”, un automezzo destinato ad usi rustici e con una storia di tutto rispetto alle spalle, ma ormai, per limiti d’età, tale da giustificare la svolta verso un nuovo prodotto.
Per la messa a punto di quest’ultimo, nel 1977 le due aziende costituirono un’apposita società, la GFG (Geländefahrzeug Gesellschaft mbH), il cui pacchetto azionario venne suddiviso in eguali metà. La produzione ebbe inizio due anni appresso, con la lettera di battesimo “G” e risultati d’ingresso che non delusero, considerando le commesse subito guadagnate da alcuni eserciti.
Da questo momento in poi, la vita della Serie “G” si sviluppa nell’arco di quelle che, nella sostanza, si possono considerare tre generazioni, durante le quali gli esterni ricevono pochissime modifiche, al punto che, della versione contemporanea, si direbbe che, in tutto e per tutto, si tratta dell’originaria appena rivisitata. Linee conservatesi ben tese e squadrate, con spigoli vivi e un coefficiente aerodinamico con poche concessioni alla modernità, per il risultato paradossale d’una carrozzeria che, in quanto divenuta ormai singolarmente originale, si conserva ancora di passo attuale.
La prima delle tre fasi si riconosce nel progetto denominato W 460. Sotto questa sigla vengono costruiti ben 51.688 esemplari, lungo un orizzonte temporale che va dal 1979 al 1991. Le motorizzazioni dell’epoca erano ancora abbastanza “modeste”, visto che per la versione a benzina s’andava dai 2 agli 2,8 litri, mentre per il gasolio dai 2,4 ai 3 litri.
Più o meno simultaneamente al termine di questo periodo, prende avvio il successivo, con il lancio di una “G” rinnovata e identificata dall’etichetta W 461. A differenza, però, del solito procedere adottato dalla Casa della Stella, a questo nuovo progetto se ne affiancò in parallelo un altro, il W 463. La spiegazione era da ricercare nel duplice genere di vocazione che, in Mercedes, si ritenne andato connaturandosi a questo modello, probabilmente recependo nel tempo distinti modi d’intenderlo da parte degli stessi acquirenti: una all’ostentazione del lusso ed una, più pragmatica, all’uso rude dei fuoristrada puri.
Fu così che, per quello che può ritenersi il secondo periodo di vita della Classe “G”, si diede il via ad una concomitante produzione di due distinte versioni dello stesso stampo. Il tipo W 461, appunto, destinato a quegli utenti che, per ragioni professionali, avessero necessità d’un utilizzo anche in situazioni non stradali, oppure anche agli stessi eserciti, dai quali era già provenuta la prima domanda all’epoca degli esordi. Ed il W 463, con una forte propensione ad interpretare un canone di lusso assoluto, dunque con finiture da prestigiosa ammiraglia e motori altrettanto adeguati. Si partiva, infatti, per l’alimentazione a benzina, da un 2,3 litri per accedere, con l’avanzare degli anni, a potenze crescenti, come testimoniò il numero dei cilindri, che da 6 passò a 8, per arrivare addirittura a 12, con una cubatura da 6 litri e 630 unità di scuderia.
Il terzo capitolo, il più recente, ma non si può dire se anche ultimo, di quella che rimane la saga più longeva d’una creatura Mercedes Benz, tiene la prima pagina invece a Gennaio dell’anno scorso quando, al Salone di Detroit, viene presentato al pubblico il W 464, lettura più avanzata d’un progetto che, a distanza di quarant’anni, conserva inalterato il fascino d’una originalità ineguagliata.
Rispetto alla “G” del programma W 463 che, a differenza di quella sotto la denominazione W 461, ne rappresenta l’antesignana più stretta, l’odierna presenta lievissimi eppure importanti ritocchi agli esterni, che ora si caratterizzano per tensioni delle superfici ancora più raffinate, ad esempio con fiancate convergenti verso il cofano anteriore ed il portellone, oltre a passaruota e paraurti che fanno ancora più corpo con la carrozzeria.
Ora, davanti alla postazione di guida, un ampio panello ospita la strumentazione digitale, con abbondanza di infotelematica all’avanguardia, come la tecnologia MBUX, ed è questo elemento, assieme ad uno spazio complessivo maggiore - l’auto è cresciuta di dodici centimetri in larghezza - tra le diverse novità in tema d’interni per l’icona di Stoccarda.
Passando alle architetture della meccanica, e premettendo una più progredita rigidità torsionale del telaio a longheroni e traverse, almeno un paio risaltano particolarmente, se non altro per la sensazione che promettono, d’avvicinare questa Classe “G” alle comodità moderne di un’autovettura, pur senza indebolire il cuore del fuoristrada di razza che gli batte dalla nascita. Il primo è quello delle sospensioni anteriori, passate da un sistema con ponte rigido ad uno con quadrilateri deformabili, anche se non esattamente canonici, poiché il braccio inferiore muove in basso, anziché mantenersi dritto. L’altro, invece, riguarda il volante, ora basato su un meccanismo di pignone e cremagliera, oltre che sull’ausilio d’un servocomando elettrico, stimolando così un maggiore senso stradale rispetto alla precedente situazione, caratterizzata dal ricircolo di sfere e, come conseguenza determinando, per chi guida, una maggiore sensibilità di quanto accade al contatto delle ruote con il suolo, compreso il più regolare asfalto delle carreggiate ordinarie.
Confermate a pieno e, in alcuni aspetti, ulteriormente migliorate, le note doti da off-road estrema, con una capacità di salita del 100%, una d’inclinazione del 70%, un angolo di rampa di 25,7°, un angolo di scarpata di 30,9° davanti e 29,9° dietro, 24,1 cm di altezza libera dal suolo e, infine, 70 cm di profondità di guado.
Non da meno della possanza estetica e dell’opulenza tecnologica di questa vettura, sono naturalmente le motorizzazioni, a gasolio con due versioni: la 400d da 6 cilindri Euro 6D, con 3 litri e 330 cavalli, e la 350d, dall’identica cubatura e stesso rispetto delle normative in tema di emissioni, ma una potenza di 286 cv. Sul versante della benzina, invece, fanno vela la 500 da 4.000 cc e 421 cv e, per chi è in vena d’esagerare, la G 63 AMG, bolide da 585 cv.
Prezzi da 104.780,00 euro della G 350d fino ai 188.047,00 euro della G 63 AMG Stronger Than Time Edition. Troppo alti? Forse. Di sicuro, però, all’altezza della magnificenza espressa da quello che, a tutti gli effetti, è un fuoristrada estremamente capace e dall’identità carismatica, come pure, al tempo medesimo, dotato di tali esclusivi allestimenti e comodità solitamente in possesso a limousine d’alta fascia, da poter portare ad affermare, per tutta evidenza, che sì, questo accade quando un fuoristrada vale più di un SUV.